La diffusione del virus è diventata una difficilissima realtà che coinvolge oramai tutti i Paesi e tutti i comparti dell’economia con un evidente e importante impatto anche nel privato. Si sono mosse tutte le autorità competenti a normare per regolare il più possibile la vita sociale ed economica del nostro paese, per limitarne la diffusione del Covid-19 in un tentativo di contenimento, alla fine decidendo per un azzeramento dei contatti tra entità sociali ed economiche, dalle aziende ai negozi, lasciando operativi i soli servizi essenziali. La definizione di pandemia ha poi fatto da corollario alla serie di cautele e blocco di buona parte delle attività in tutte le direzioni, una etichetta che non pensavamo potesse diventare la nostra realtà, quella del nostro presente.
E le due aziende cosa fanno? Semplicemente non si arrendono, non aspettano l’intervento dello Stato, si muovono da sole e insieme per reagire a una situazione non prevista, non prevedibile, manifestatasi improvvisamente senza la possibilità di prepararsi. Quindi? Si combatte, si reagisce, si ideano nuove formule per lavorare e interagire ad esempio con la Pubblica Amministrazione in un contesto generale in cui le aziende si reinventano, da case di moda a fornitori di mascherine antivirus come Calzedonia, Prada, Geox, Gucci, Valentino e altri, o da costruttori di auto come FCA e Ferrari che contribuiscono alla produzione di respiratori.
E’ la capacità di reinventarsi e di partecipare, di non accettare la realtà così come si presenta che costruirà il nostro futuro come azienda e come persone.
Il lavoro agile – autorizzato dai vari Dpcm del 23 e 25 febbraio – è stata solo la prima reazione al Covid, una temporanea soluzione a un problema altrimenti insormontabile. Guardando alle esperienze in Italia, che risalgono al 2015, la preparazione aveva richiesto l’impiego di tecnologia, con casi pilota, poi la formazione individuale e del top management, quindi l’individuazione degli strumenti per la misurazione delle performance. Nelle nostre realtà di softwarehouse dotate di strumenti informatici quasi tutti aziendali, per altri in BYOD, abbiamo già potuto svolgere un ottimo lavoro senza doverci spostare presso i clienti o recarci in ufficio, e continueremo a svolgerlo fino a quando l’allarme virus sarà solo un ricordo. Certo era necessario fare qualcosa e subito per non fermare l’attività delle due aziende e anche se è stata la prima volta davvero in cui il lavoro si è spostato dall’azienda nelle nostre case, l’esperimento sembra essere stato un successo, malgrado fosse stato sperimentato in sporadiche situazioni. Resta fondamentale per tutti comunicare di più, creare modelli di vicinanza per evitare il Sense of isolation.
Oggi, a un mese di distanza, stiamo cercando di garantire la continuità operativa, affrontando giorno per giorno le nuove situazioni con nuove idee e nuovi occhi.